Battaglia del Grano: Calenda e Martina contro il libero mercato

Il decreto ministeriale che introduce l’obbligo di inserire nell’etichetta della pasta la provenienza del grano ed il luogo della molitura ignora pareri discordanti sia da parte di altre associazioni, aziende, molitori e consumatori. Fra le motivazioni del decreto, una maggiore trasparenza, ma la verità è che al Governo servono voti e consenso.

La resa delle istituzioni alla lobby protezionistica del grano è arrivata. Con il decreto ministeriale pubblicato il 26 luglio nella Gazzetta Ufficiale, che introduce l’obbligo di inserire nell’etichetta della pasta la provenienza del grano ed il luogo della molitura, Mise e Mipaaf si piegano ai voleri di Coldiretti, ignorando opinioni e pareri discordanti sia da parte di altre associazioni, aziende, molitori e consumatori. Fra le motivazioni del decreto, una maggiore trasparenza, ma la verità è che al Governo servono voti e consenso. Anche a scapito dei cittadini e delle imprese.

Questo decreto che impone oneri alle sole imprese, è chiaramente una mossa elettorale e demagogica. Sembra dire “adesso vedrete chi usa e chi no il grano italiano”, dando per scontato che il grano italiano sia il migliore in assoluto. La verità è che non è così. La selezione del grano da utilizzare per la produzione di pasta prende in considerazione diversi fattori che sono legati soprattutto alla qualità del prodotto e ad esigenze tecniche da parte di chi ne deve produrre quantità ingenti da mettere sul mercato.

Indagando a fondo si scoprirebbe che il grano canadese è migliore rispetto a quello italiano per produrre grandi quantità di pasta e, per questo motivo oltre al trasporto, costa anche di più rispetto a quello italiano. Dunque, se parlassimo di convenienza economica converrebbe usare solo grano italiano, ma le aziende non possono tenere conto solo di questo fattore.

C’è anche un problema di quantità della materia prima. Il deficit strutturale di grano in Italia è infatti pari a circa 2 milioni di tonnellate. In poche parole, al fine di soddisfare il fabbisogno di grano duro trasformato per realizzare tutti i prodotti alimentari che consumiamo ogni giorno per 365 giorni l’anno, l’Italia non produce sufficiente materia prima e quindi deve importarla. Da anni importiamo da Francia, Germania, Ucraina e Canada il 30-40% del fabbisogno mancante di grano duro con determinate caratteristiche tecniche e qualitative.

Di che cosa si parla allora nel decreto Martina-Calenda sull’etichettatura della pasta? Di qualità? No. Di quantità? No. Di maggiore comunicazione sul tema “pasta e grano” per i cnsumatori? No.

Si parla di protezionismo duro e puro. Si parla di piegarsi per l’ennesima volta ai voleri della Coldiretti e dei suoi vertici che, lo capiamo benissimo visti i lauti compensi, cerca di ostacolare e distorcere il mercato solamente per ottenere vantaggi con i soldi pubblici e dei contribuenti, senza però sottostare alle regole di mercato. Troppo facile così. Allora, tutti i commercianti, le imprese, i professionisti per i quali vale il principio di libera concorrenza e che vivono senza sussidi cosa sono? Forse per Coldiretti sono i “figli della serva”. E i ministri che cosa rispondono?

Campagne Liberali è un'associazione di cittadini che difende la libertà di scelta e promuove il metodo scientifico.

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