INPS, migranti: le parole di Boeri tra scienza (poca) ed ideologia (tanta)

Questa settimana, in materia di aiuto ai populismi svetta l’intervento del prof. Tito Boeri, Presidente INPS insediato quasi tre anni fa dal Governo Renzi. Nella relazione annuale alla Camera, Boeri ha sciorinato parole e numeri sul come evitare il collasso di previdenza ed assistenza usando i flussi migratori in entrata.

Sia chiaro. Boeri come analista politico ed economico non è credibile, perché ha straparlato anche in passato (è memorabile quando, in carica da un anno, chiese un’altra manovra di salvaguardia degli esodati, confondendo –come rilevò subito il Sen. Ichino, un giuslavorista molto serio– gli esodati con chi non ha lavoro a 50/60 anni). Solo che Boeri è il Presidente INPS e allora le parole in libertà pronunciate dal vertice della più grande azienda di Stato costituiscono un forte supporto ai populisti. Il che non va bene.

La tesi di Boeri non sta in piedi né sotto il profilo dei conti della previdenza né sotto quello del suo assetto strutturale. Dal punto di vista dei conti INPS, l’assunto di Boeri è che “abbiamo bisogno degli immigrati per tenere in piedi il nostro sistema di protezione sociale. I lavoratori autoctoni che entrano nel mercato del lavoro diventeranno di meno, gli immigrati che arrivano saranno sempre più giovani. Compensano il calo delle nascite nel nostro Paese. Il nostro sistema pensionistico è attrezzato per reggere ad un aumento della longevità, ma non ad ulteriori riduzioni degli ingressi nei registri dei contribuenti’’. E’ una soluzione facilona di una elite autoreferenziale. Innanzitutto Boeri mischia le carte come un prestigiatore, dato che prima dovrebbe preoccuparsi della questione dei giovani, il 38%, che non versano contributi in quanto non restano in Italia. E dato che la massima parte degli immigrati che hanno contribuito a riempire lo spazio occupazionale, sono persone arrivate anche decenni fa in tutt’altre situazioni economiche. In ogni caso contribuiscono 1,8 milioni di stranieri attivi, ma altri 2 milioni sono già a carico del sistema. Inoltre i problemi del mercato del lavoro non si risolvono aggirando gli andamenti demografici e ancor prima facendo finta di non vedere che troppi italiani fanno gli schizzinosi circa il lavoro che ci sarebbe o addirittura favorendo la tendenza di certa imprenditoria a cercare manodopera disponibile a compensi bassi e poco propensa a sindacalizzarsi. Non basta. Sempre in tema di conti INPS, nella stessa occasione Boeri ha anche teorizzato che bisogna sanare i disavanzi INPS, trasformando le anticipazioni di cassa dello Stato in erogazioni a titolo definitivo, vale a dire azzerando il debito verso lo Stato. Precisando anche che, secondo lui, ciò non sarebbe un aggravio per i conti pubblici. Basta questo per vedere che Boeri, sulla carta un economista, non è in grado di cogliere che l’economia reale è un rapporto serio tra persone in carne ed ossa e che i giochetti contabili vanno bene nelle oligarchie ma non in democrazia. In democrazia avere già oggi, prima del proposto azzeramento del credito verso l’INPS, un debito accumulato pari al 134% del PIL è un onere insostenibile per l’Italia.

Quanto alla struttura generale INPS, la tesi di Boeri sui migranti cade –non importa se apposta oppure no– in un momento di crescenti tensioni civili sul tema chiave degli arrivi sempre più numerosi sulle nostre coste dall’Africa e dall’Asia. Appare perciò quasi una sfida alle preoccupazioni dei cittadini, ne irrobustisce le paure e soprattutto è concettualmente assurda. Di fatti, parafrasando Giovanni Sartori, è impossibile travasare l’Africa in Italia perché non c’è lo spazio necessario. Peraltro Boeri, in barba ad una seria concezione economica, non si preoccupa di proporre azioni fattibili per risolvere i problemi dell’INPS e per seguire al contempo una linea di responsabilità civile. Infatti illustrando il suo progetto alla Camera e nelle stesse ore a Radio3 Rai, Boeri ha fatto emergere altre due sue intenzioni. Primo, sfruttare gli immigrati che, dopo aver versato contributi, rientrano al proprio paese e non avranno mai pensioni dall’Inps. Ad oggi ci sono già 12 miliardi di contributi che non produrranno pensioni e che aumentano attraverso un ulteriore gettito annuo di altri 375 milioni di euro che non avranno seguito. Secondo, utilizzare il dato attuariale secondo cui la vita media degli immigrati è inferiore a quella degli italiani, che però è l’effettiva base di calcolo per determinare l’età della pensione. Il che significa che gli immigrati pagano più di quel che ricevono. In altre parole, Boeri ha due intenzioni da imbroglione del cartellino.

Insomma, il Presidente dell’INPS, invece di preoccuparsi di una gestione tecnica dell’istituto tale da risanarlo, agisce come aspirante giocoliere della politica, pronunciando discorsi utili a gonfiare le vele della protesta populista. Eppure cose da fare subito ci sarebbero. Ad esempio, noi italiani aiutiamo l’assistenza sociale nei paesi nei quali risiedono nostri cittadini cui corrispondiamo integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali senza corrispettivi fiscali. Al tempo stesso, però non abbiamo ancora un’assistenza di base per chi vive e paga le tasse in Italia.

I liberali sono per natura contro l’antiparlamentarismo e il populismo. Proprio per questo motivo, non possono tacere sulle parole in libertà di Boeri, Presidente dell’INPS. Né sul fatto che l’INPS è sotto il controllo del Ministro Poletti, il quale finge distrazione e non replica alle parole in libertà. Secondo noi, restando così inerti, i grandi proclami contro il populismo sono inefficaci. Anzi l’aiutano.

Campagne Liberali è un'associazione di cittadini che difende la libertà di scelta e promuove il metodo scientifico.

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