L’olio di palma non è nocivo: un nuovo studio lo conferma

Negli ultimi anni, gli attacchi ingiustificati all’olio di palma hanno dominato la scena nazionale ed internazionale, causando la riformulazione di alcuni prodotti alimentari. Una delle principali critiche mosse riguarda la raffinazione dell’olio di palma grezzo, processo che potrebbe condurre alla formazione di alcuni contaminanti. Tuttavia un nuovo studio conferma che l’eventuale formazione di questi contaminanti a seguito della raffinazione non rappresentano un rischio per i consumatori.

Negli ultimi anni, gli attacchi ingiustificati all’olio di palma hanno dominato la scena nazionale ed internazionale, causando la riformulazione di alcuni prodotti alimentari. Una della principali critiche mosse riguarda la raffinazione dell’olio di palma grezzo, processo utile a rendere il prodotto utilizzabile per fini alimentari e non solo. La raffinazione industriale degli oli grezzi è utilizzata per la produzione della stragrande maggioranza di oli vegetali.

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Questo processo può condurre alla formazione di alcuni contaminanti, quali il 3-MCPD, il 2-MCPD e gli esteri del glicidolo. Quando la lavorazione è ad alte temperature (>200°) la probabilità che si formino contaminanti è molto alta (tanto nel palma quanto negli altri grassi vegetali). Ciò implica che la salubrità e la sicurezza dei prodotti dipendono dalla tipologia e dalle quantità dei contaminanti di processo che si formano durante la raffinazione.

Il gruppo di Chimica degli Alimenti, coordinato dal professor Alberto Ritieni e operante presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Napoli “Federico II”, ha pubblicato sulla rivista internazionale “Food Additives & Contaminants: Part A” un articolo intitolato “Direct determination of 3-chloropropanol esters in edible vegetable oils using high resolution mass spectrometry (HRMS-Orbitrap)”.

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Nello studio, sono stati analizzati una serie di oli commestibili raffinati, composti da semi misti, arachidi, mais, girasole e palme nel loro contenuto di esteri 3-MCPD. Dall’analisi di questi campioni commerciali, i livelli di concentrazione dei diesteri del 3-MCPD sono compresi tra 0,106 e 3,444 μg g-1, mentre per i monoesteri totali sono compresi tra 0,005 e 1,606 μg g-1. La conclusione è che i dati sui campioni commerciali, confermano che per i consumatori italiani di oli vegetali questi contaminanti non raggiungono concentrazioni tali da risultare in alcun modo rischiose per la salute.

Leggi il comunicato dell’Università di Napoli.

Scarica lo studio.

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