Olio di palma e marketing: è questione di coerenza. Ferrero lo sa, Barilla no!

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Se non spendi milioni di euro in pubblicità non esisti sul mercato dei biscotti e delle merendine. Questo è stato per anni il “modus operandi” delle aziende alimentari. Ma le tattiche di oggi sono ben diverse da quelle viste in passato e sono diventate ben più eccentriche quando non controverse. Recentemente hanno partorito la formula “senza olio di palma” facendola diventare il mantra di chi cerca di lucrare a danno della verità scientifica e della ragione.

Prendiamo due chiari esempi in campo: Ferrero e Barilla.

Ferrero ha chiaramente espresso la sua opinione contraria all’uso massiccio dell’etichetta anti-palma, dimostrando di essere sia dalla parte della scienza sia di saper utilizzare il marketing in modo vincente. Ne è infatti emersa come l’azienda più coerente di tutte, grazie ad un importante messaggio per i suoi consumatori e ad una comunicazione trasparente e autentica. Non solo, questa strategia ha ampi margini di successo a lungo termine se accompagnata dalla sostanza: l’azienda infatti sta investendo numerose risorse per migliorare il proprio prodotto e utilizzare ingrediente sostenibili, con il plauso di associazioni tutt’altro che accondiscendenti con le multinazionali come Greenpeace e il WWF.

Un approccio opposto è quello utilizzato da un’altra major dell’alimentare italiano: Barilla. In una recente intervista pubblicata su Food Navigator, un rappresentante del gruppo ha dichiarato che: “l’uso dell’etichetta ‘senza olio di palma’ è conseguenza di un impegno a lungo termine preso dall’azienda per migliorare il profilo nutrizionale dei suoi prodotti”. Obiettivamente non suona molto onesto. La loro strategia, come testimoniano i fatti, non ha nulla a che vedere con il lungo termine, ma rappresenta il tentativo di acquisire più visibilità nel breve periodo e recuperare terreno sul mercato.

Dopo aver contribuito per mesi come membro fondatore dell’AIDEPI, associazione delle industrie che producono pasta e prodotti da forno, alla campagna pro olio di palma sulle televisioni e i giornali, Barilla ha compiuto improvvisamente una virata a 180 gradi. Oggi è l’azienda leader del trend “senza olio di palma è meglio”. Un atteggiamento incoerente se non addirittura opportunistico che ha contribuito alla diffusione della grande bufala contro l’olio di palma

Dunque se è assodato il fatto che Barilla stia portando avanti questa strategia solamente per ragioni di marketing restano alcune considerazioni sui suoi prodotti.

Con quali ingredienti Barilla sta rimpiazzando l’olio di palma? Olio di mais e olio di semi di girasole che non solo costano il doppio dell’olio di palma, e ne vedremo il riflesso negativo sui prezzi al dettaglio, ma non sembrano neanche essere opzioni più salutari. Un fatto ampiamente dimostrato da uno studio dell’associazione di consumatori più importante di Germania, la Stiftung Warentest (trovate lo studio QUI). Questi due oli, che non sono affatto più salutari del palma, hanno anche un impatto ambientale peggiore come dimostrato da fattori quali resa per ettaro, utilizzo dell’energia e consumo del suolo (la comparazione la trovate QUI).

La domanda allora da porre ai consumatori italiani è: preferite chi agisce con coerenza e seguendo appurati criteri scientifici oppure chi cambia continuamente a seconda del vento che tira per mere tattiche pubblicitarie? Ricordiamo che oggi il bersaglio è l’olio di palma, domani sarà un altro ingrediente. E allora Barilla come si comporterà? Seguirà anche stavolta la brigata contro la scienza?

 

Campagne Liberali è un'associazione di cittadini che difende la libertà di scelta e promuove il metodo scientifico.