La battaglia per la scienza continua anche in Europa

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la riflessione di Luca Bertoletti, European Affairs Manager per il Consumer Choice Center. Durante il mese di Dicembre la commissione Europea ha dichiarato che nella revisione delle sue politiche ambientali e sanitarie si atterrà ad un rigoroso uso di evidenze scientifiche. Ma sfortunatamente, l’uso sbagliato della scienza per revisionare le politiche comunitarie è molto frequente.

Durante il mese di Dicembre la commissione Europea ha dichiarato che nella revisione delle sue politiche ambientali e sanitarie si atterrà ad un rigoroso uso di evidenze scientifiche. Sfortunatamente però la realtà è che le politiche ambientali spesso non seguono questo principio. Basta considerare alcuni casi eclatanti.

Nel 2013 l’Unione europea ha vietato tre neonicotinoidi – particelle basate sulla struttura della nicotina – come risultato di studi promossi da Greenpeace sul presunto danno alla popolazione delle api. Vari esperimenti sul campo hanno rilevato che le popolazioni di api non sono state influenzate né positivamente né negativamente dall’uso di neonicotinoidi, rendendo il divieto inutile e dannoso per produttori e consumatori e senza produrre alcun beneficio ambientale. Il divieto è costato agli agricoltori oltre 900 milioni di euro all’anno e ha contribuito ad aumentare le emissioni derivanti dall’uso di prodotti di qualità inferiore, riducendo così la produzione agricola.

Un altro episodio è quello della possibile regolamentazione degli asciugamani elettronici, quelli che si trovano in molti locali pubblici. Lo studio preparatorio per il regolamento ha confrontato gli asciugamani elettronici con gli asciugamani di carta, accusando quelli elettronici di non essere igienici. Nella valutazione, però, è stata considerata solamente parte della letteratura, escludendo qualsiasi ricerca sugli effetti degli asciugamani di carta e presentando una chiara distorsione a favore di uno dei prodotti. La comparazione non c’è proprio stata. Ovviamente è stato utilizzato uno studio finanziato dall’European Tissue Symposium, l’associazione di categoria dell’industria degli asciugamani di carta.

Per effettuare una valutazione imparziale sarebbe stato necessario utilizzate anche qualche studio imparziale e indipendente (ce ne sono diversi) che avrebbero messo in evidenza il fatto che il supporto scientifico per gli asciugamani non igienici è scarso. Ad esempio, una ricerca pubblicata sul Journal of Microbiology e un altro studio della Mayo Clinic non hanno riscontrato differenze significative nel livello di microrganismi dopo aver asciugato le mani con aria calda rispetto a salviette di carta. Nel 2009, un articolo nel Forum di microbiologia farmaceutica ha esaminato diversi studi su asciugamani di carta e  quelli ad’aria calda e ha concluso che non esistevano prove concrete per affermare che gli essiccatori automatici non fossero igienici.

L’uso sbagliato della scienza per revisionare le politiche comunitarie è molto evidente nella revisione della direttiva delle energie rinnovabili di quest’anno. Una delle clausole consiste nella riduzione della quantità massima di biocarburante a base di colture utilizzata nei trasporti dal 7% al 3,8%. Lo studio Globium e lo studio dell’UE sull’azione per il clima hanno criticato questa riduzione sulla base del fatto che racchiude una varietà di biocarburanti in un’unica categoria, svantaggiando le innovazioni benefiche nella tecnologia energetica. Ciononostante, le lobby verdi hanno raggiunto gli obiettivi prefissati, limitando la possibilità per il settore di utilizzare energia pulita a basso costo, senza investire nelle energie rinnovabili.

È evidente, dunque, che in Europa si sta facendo molto poco per modificare le linee guida quando i loro difetti diventano evidenti. E, soprattutto, che l’esigenza di revisionare regolamenti e altri atti normativi è sempre più subordinata alle pressioni esterne e non ad un’effettiva valutazione delle cose che non funzionano. In questo modo l’indagine scientifica finisce per essere utilizzata solamente per supportare strategicamente qualsiasi e, a volte, l’UE va addirittura contro le evidenze scientifiche che ha portato avanti (come nel caso delle rinnovabili).

Le prove utilizzate nel processo decisionale non dovrebbero quindi essere prese per valore nominale, dati gli interessi acquisiti in gioco, ma analizzate tenendo conto del contesto e dell’interesse pubblico nella sua interezza. Ciò consentirebbe a sua volta lo sviluppo di una sana concorrenza di interessi sottoposta alla pressione e alle esigenze della politica, portando un numero maggiore di gruppi in competizione per un periodo di tempo limitato e risorse fisse. Questa intensa competizione è stata notata da Gary Becker come precondizione per l’efficienza politica. Ed è questo che auspichiamo che avvenga anche alle regolamentazioni europee.

Sappiamo tutti che le riforme delle politiche europee impiegano spesso tempi molto lunghi e allo stesso modo serve tempo per cambiare le regole del gioco e la mentalità. Nel frattempo speriamo che a Brussels non decidano di vietare gli asciugamani ad aria agli autogrill o di eliminare la Nutella per salvare gli scoiattoli.

Luca Bertoletti

Luca Bertoletti è European Affairs Manager per il Consumer Choice Center e fellow di Competere.

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