La Rivoluzione che Serve alla Sinistra e al Paese

Il problema centrale della politica italiana è la mancanza di una formazione autonoma che si dichiari portatrice di progetti liberali imperniati sullo spirito critico del cittadino e sulla sua attenzione ai fatti concreti del convivere civile tra cittadini diversi.

Caro Orsina,

il Tuo articolo odierno su La Stampa fa correttamente  il punto (con chiarezza) sullo stato della sinistra italiana e non solo. Colgo però alcuni passaggi che, da liberale, ritengo siano da specificare per rendere ancora migliore l’inquadramento generale.

Nell’ordine, comincio dal modello antropologico costruito sulle due parole d’ordine, cosmopolitismo e diritti, entrate in crisi insieme all’antropologia su cui si fondano. Scrivi che la vittoria di quel modello, se mai c’è stata, è stata ben più precaria e provvisoria di quanto non si pensasse o sperasse, e di sicuro, loro della sinistra hanno vissuto così la vicenda, alla ricerca di un’antropologia ottimistica fatta di identità pacifiche e compatibili l’una con l’altra.  Peraltro, come avevi scritto giustamente alcuni mesi fa, siccome cosmopolitismo e diritti sono ancorati ai valori dell’identità occidentale (o più precisamente liberale), quella vittoria non può che essere intrinsecamente provvisoria (sfiorisce se non si rinnova). Questo concetto è estraneo alla mentalità ottimistica della sinistra italiana, che non riesce a compenetrare il significato della diversità individuale ed i meccanismi che ne discendono.

Allora assume un senso molto differente l’attribuire la crisi del PD e della sinistra anche ad “un’antica tradizione di frazionismo e litigiosità”. Nel quadro liberale, distinguersi in modo oggettivo è un pregio, non un difetto. E’ invece un difetto nelle visioni ideologiche e religiose che per forza si fondano sull’autorità e sul conformismo: qui, frazionismo e litigiosità impediscono che funzioni la cinghia di trasmissione della volontà di chi comanda. Problema che non si pone nel comportarsi da liberali coerenti, quindi ricercando non gli accordi completi e definitivi, ma quelli circoscritti e provvisori. Meno roboanti e catechistici ma più raggiungibili e rispettosi della diversità individuale e dei fatti.

Infine, una volta specificata l’impostazione complessiva, appare evidente che non avesse alcun senso (e possibilità di successo) il rimedio all’incertezza identitaria e al frazionismo concepito da Renzi contro la libertà del cittadino con la proposta oligarchica di riforma costituzionale. E sai bene che queste cose non le dico oggi maramaldeggiando, ma te le illustrai e motivai a pranzo a luglio di un anno fa. L’insistenza di oggi di Renzi nel cercare la rivincita è solo la conferma della sua natura illiberale nel profondo.

In conclusione ti chiedo. Ma perché, nella serie di articoli sulle famiglie politiche,  non scrivi un bell’articolo sull’effettivo problema centrale della politica italiana, vale a dire la mancanza di una formazione autonoma dichiarata portatrice di progetti liberali imperniati sullo spirito critico dei cittadino e sulla sua attenzione ai fatti concreti del convivere civile tra cittadini diversi? E, per di più, dato il periodo, non lo scrivi il prima possibile? L’esistere di una simile formazione influenzerebbe molto il clima rinnovandolo nella direzione di cui il paese ha bisogno.

A presto. Cordialmente

Raffaello Morelli

Raffaello Morelli

Raffaello Morelli, politico e autore liberale fin dall'epoca del PLI (e tutt'ora). E' stato dirigente nazionale di diverse associazioni liberali, ha svolto anche i ruoli di Consigliere Comunale a Livorno, Consigliere Regionale a Firenze e vice presidente della SACIS spa, redigendo migliaia di interventi e scritti politico culturali.

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