
Oggi, 19 agosto celebriamo la Giornata Internazionale dell’Orango (International Orangutan Day). Lo facciamo in modo impopolare per i canoni odierni: senza urlare e senza idealismi o ideologie lontane dalla realtà. Auspichiamo che ciò possa essere un’opportunità per discutere con razionalità delle ragioni che stanno minacciando questo animale. Purtroppo, per molti sarà la solita occasione – commerciale – per accusare le piantagioni di olio di palma.
La Giornata Internazionale dell’Orango dovrebbe essere un momento di riflessione e cooperazione. Eppure ogni anno si trasforma in un pretesto per attaccare l’olio di palma. Il mainstream buonista denigra questo ingrediente e l’agricoltura sostenibile non accorgendosi che gli investimenti che hanno reso il settore agricolo sempre più sostenibile si dimostrano la migliore ricetta per preservare la biodiversità nella foresta tropicale.
Da tempo molti studi autorevoli – i più recenti WWF e Science Advances – confermano che gli investimenti delle imprese e la partecipazione dei cittadini aiutano le filiere produttive a diventare più sostenibili. Il boicottaggio delle industrie e delle piantagioni al contrario, quello che viene suggerito da diverse ONG ambientaliste estremiste, non favorisce la sostenibilità. Perché?
- Mira solo a distruggere, senza avere alcun proposito educativo verso gli operatori e i coltivatori;
- Non propone alternative fattibili, ma spinge i produttori a sostituire una coltivazione sostenibile con altre che lo sono meno;
- Non tiene conto degli avanzamenti tecnologici che la filiera ha raggiunto con grandi sforzi.
I NUMERI: il WWF certifica che la popolazione di oranghi nella foresta di Sabah (a lungo sotto i riflettori dei detrattori del palma) è cresciuta più del 10% negli ultimi 15 anni. Ciò è stato possibile grazie all’introduzione di veri e propri “corridoi forestali” che hanno aumentato i collegamenti all’interno delle aree tropicali, facilitando il passaggio degli oranghi tra aree limitrofe alle piantagioni alla foresta più pura.
Altri studi confermano che in Indonesia ci sono molti più oranghi di Sumatra allo stato brado di quanto si è soliti pensare. L’ultima stima rivela una popolazione pari a circa 15 mila esemplari, più del doppio della cifra precedente. L’impegno delle istituzioni e degli altri soggetti coinvolti (tra cui i coltivatori e le aziende) è dimostrato dagli obiettivi fissati per i prossimi anni di raggiungere una popolazione di oranghi pari a 13.710 in 205.327 chilometri quadrati protetti a Sumatra e 45.590 oranghi in 134.823 chilometri quadrati protetti a Kalimantan.
L’orango è ancora a rischio estinzione? Sì. Ma passi in avanti per tutelare la sue esistenza vengono fatti ogni giorno. Muoversi verso una maggiore sostenibilità ambientale necessita però di una forte collaborazione tra cittadini, agricoltori, fornitori, produttori e consumatori. Fortunatamente, gli sforzi del settore privato si sono coniugati con le politiche per la sostenibilità implementate dai governi del Sud-Est Asiatico.
La filiera dell’olio di palma ha potuto così contribuire alla creazione di benessere per milioni di persone, alla riduzione della povertà e delle ineguaglianze, e ha garantito istruzione e sviluppo. Una filiera sostenibile, se ben pianificata e ben gestita, può fornire redditi e occupazione migliori, generando investimenti in servizi e infrastrutture innovativi.
Un esempio positivo di cooperazione tra produttori, ONG e politica locale è quello dell’Orangutang Land Trust, una organizzazione che opera proprio per favorire la produzione di olio di palma sostenibile attraverso l’istituzione di corridoi di sicurezza per gli oranghi e altri specie. Le piantagioni diventano così occasione per tutelare gli animali in pericolo di estinzione.
Il lavoro dell’Orangutang Land Trust dimostra ancora di più che schierarsi per il boicottaggio non contribuisce al miglioramento della filiera, né promuove la sostenibilità. Nessuna filiera di oli vegetali ha raggiunto il livello di certificazione e sostenibilità che l’olio di palma ha raggiunto nel corso degli anni a livello di scala. Boicottare l’olio di palma è dannoso oltre che inutile. Se smettessimo di piantare palme, i milioni di contadini del Sud-Est asiatico coltiverebbero altre materie prime molto meno sostenibili, e perciò avrebbero bisogno di più terra e di tagliare più alberi. Una minaccia di gran lunga peggiore per l’orango.
I paesi del Sud Est Asiatico hanno imparato dagli errori del passato. In pochi anni hanno raggiunto risultati a quelli che in molte regioni dell’Occidente non sono stati raggiunti in millenni di attività umana.
È importante attenersi alla realtà dei fatti. I numeri forniti dimostrano chiaramente come l’olio di palma sostenibile favorisca la biodiversità e la sostenibilità nella foresta del Sud-Est asiatico. Olio di palma sostenibile – dunque posti di lavoro, prosperità, riduzione della povertà – e oranghi possono coabitare in un equilibrio delicato.
Chi oggi chiede maggiori tutele per questo animale dovrebbe celebrare le piantagioni di palme insieme all’orango. Se non ci fossero le palme ci sarebbe ancora meno foresta. E dunque meno oranghi. Seguiamo tutti insieme la via della sostenibilità e cooperiamo per preservare la biodiversità.