
Il numero delle vendite dei prodotti senza è in caduta libera.
I dati dell’Osservatorio Immagino confermano che la crescita del +2,3% del 2017 è calata praticamente a 0 (+0,1% complessivo nel 2018).
La gran parte dei prodotti “senza” ha subito un calo notevole di vendite: senza conservanti (-4%), senza coloranti (-5.8%), senza grassi idrogenati (-7.9%). Allo stesso tempo Il claim senza olio di palma non cresce più in doppia cifra come faceva fino a 12 mesi fa. E Se non fosse stato per la nuova moda dei prodotti ‘senza zucchero’ e ‘senza zuccheri aggiunti’ la situazione sarebbe ancora peggiore.
E’ la fine del trucco commerciale del “senza”? E’ troppo presto per affermare che l’attrazione per i “senza” sia passata. I consumatori hanno dimostrato di apprezzare l’esclusione di un alimento. Il “senza” un ingrediente rassicura. Ma hanno dimostrato di essere consapevoli che è un trucco di marketing, cioè commerciale per vendere di più. Infatti, le vendite sono calate nel tempo.
Il rallentamento del “senza” non è attribuibile al fatto che il mercato è ormai saturo. Non lo è.
Cosa fa calare il mercato allora? Le ragioni sono molteplici, complementari in alcuni casi. È finito l’effetto sorpresa; il consumatore è più consapevole che l’effetto del “senza” sulla salute è impercettibile o addirittura nullo, come nel caso dell’olio di palma; il consumatore è attratto da altro.
I claim “senza” sono oramai usati da anni in pubblicità o sulle confezioni dei prodotti alimentari per indicare che un prodotto è senza un certo ingrediente. Uno strumento di marketing molto utile per informare i consumatori, ma potenzialmente molto pericoloso poiche’ rischia di illuderli.
Non esiste alcuna convenienza nel cambiare formulazione dei prodotti abbandonando ingredienti di qualità migliore per inseguire maggiori vendite. Come ci dimostrano questi numeri, i consumatori comprendono velocemente questi trick, e le aziende che pensavano di aver trovato il modo per incrementare le vendite si trovano così punite:
- Livelli di vendita in calo dopo pochi anni;
- Costi esorbitanti sostenuti durante la riformulazione del prodotto;
- Mancata opportunità di investire in sostenibilità.
Alcune aziende hanno scelto di non soggiogare i consumatori con gli slogan ma hanno preferito il lavoro duro e la scienza, investendo in sostenibilità e cercando soluzioni che migliorano i prodotti e la vita di miliardi di cittadini.
La via corretta è quella perseguita da cittadini imprenditori e manager di queste grandi aziende che investendo tempo, fatica e risorse si sono mossi verso la sostenibilità. Non quella di chi sceglie le scorciatoie e gli inganni.
Le squallide pratiche commerciali dei prodotti ‘senza’ sono state proibite perfino nella illiberale Turchia. L’Europa cosa aspetta? Bisogna tutelare i valori del libero mercato e rispettare il consumatore, senza fuorviarlo. Chi promuove i prodotti “senza” non protegge il consumatore. Lo inganna. Non promuove la biodiversità, ma la minaccia. Non favorisce lo sviluppo, ma lo abbandona.