
Da anni i mega-gruppi del cibo stanno facendo pressioni sulla Commissione Europea e sul Parlamento affinché gli Stati membri siano obbligati ad adottare il semaforo nutrizionale. Ma i bollini sono solo dazi doganali mascherati da buone intenzioni.
Stanno progressivamente togliendo la libertà di scelta ai consumatori. La scorsa settimana abbiamo sentito del “bollino blu” di qualità che Auchan vorrebbe mettere sui prodotti ritenuti, unilateralmente, migliori da un punto di vista nutrizionale. È l’iniziativa di un singolo che può influenzare solo in parte il consumatore, ma in Europa da anni le major del food mondiale (10 mega-gruppi) stanno facendo pressioni sulla Commissione e sul Parlamento affinché venga approvata una Direttiva che obblighi tutti gli Stati membri ad adottare il semaforo nutrizionale dove rosso è cattivo e verde è buono. Si tratterebbe di una vera e propria negazione del diritto del cittadino a informarsi e scegliere come preferisce. Vediamo perché.
Chi sostiene i bollini e le etichette a semaforo afferma che in questo modo la comunicazione verso il cittadino migliorerà automaticamente. Niente di più sbagliato. La corretta informazione si fa esponendo tutti i fatti in modo oggettivo e non utilizzando una classifica che già di per sé implica un giudizio soggettivo. E il soggetto giudicante sono le aziende stesse o le istituzioni-balia come l’Unione Europea. Ha funzionato questo metodo dove è stato applicato? No. In Uk le abitudini alimentari sono rimaste invariate. In Francia anche. Perché? La comunicazione oggettiva basata sui fatti deve essere la premessa e ripaga in termini di educazione alimentare. L’imposizione, invece, non funziona.
Il secondo aspetto negativo è la penalizzazione di molti prodotti italiani di qualità. Col sistema adottato in Inghilterra, cui hanno aderito diversi produttori e catene di distribuzione, il parmigiano o l’olio extravergine di oliva rischiano di essere considerati sul piano nutrizionale peggiori di una bevanda gassata e zuccherata. Per un Paese che sta cercando di promuovere le proprie eccellenze, perché si tratta di eccellenze Made in Italy, è una situazione inaccettabile. L’apertura delle frontiere doganali è servita a far espandere gli scambi. I bollini sono solo dazi doganali mascherati da buone intenzioni.
La soluzione potrebbe essere un sistema unico ed equo applicato in tutta Europa? Sinceramente non sembra una strada percorribile né coerente con i principi di libera scelta. Ognuno dei 28 paesi ha le proprie abitudini alimentari e i consumatori hanno una sensibilità diversa verso l’informazione sul cibo e sulle bevande. Il metodo di esporre in modo sistematico ingredienti, valori nutrizionali, allergeni etc. è l’unico che può funzionare perché è oggettivo e si basa sui fatti. Qualsiasi valutazione che assegni una graduatoria sarebbe influenzata da criteri soggettivi. Anche l’algoritmo è soggettivo se l’essere umano imposta i suoi parametri personali. Chi dovrebbe decidere quali sono questi parametri? Le istituzioni? Le aziende? Gli scienziati?
Si propone di limitare la libera scelta dei cittadini, ma in cambio si offrono solo obblighi e ulteriori regolamentazioni. Non solo, si propone di affossare il Made in Italy che dovrebbe essere, in campo alimentare, una delle nostre punte di diamante per l’export. Il sistema a semafori è un suicidio normativo e dovremmo essere compatti nel respingerlo al mittente.