I fatti non contano più: è l’epoca della “post verità”

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Una delle più struggenti storie della storica campagna elettorale americana del 2016 resta la profezia del musicista Kurt Cobain, nel 1993, un anno prima di suicidarsi: «Alla fine la mia generazione sorprenderà tutti. Sappiamo che i due partiti giocano insieme al centro e, quando matureremo, eleggeremo finalmente un uomo libero. Non sarei per nulla sorpreso se fosse un uomo d’affari, incorruttibile, che si dia davvero da fare per la gente. Un tipo alla Donald Trump, e non datemi del pazzo…».

Peccato che la citazione del leader dei Nirvana, che ha fatto il giro dei social media, Twitter, Facebook, Google, sia inventata, forse in Russia, forse in America, da trolls che inquinano di menzogne i paesi democratici. Bene ha fatto dunque ieri l’Oxford Dictionary a dichiarare «Parola dell’anno 2016», «Post truth» la post verità, diffidenza per le opinioni diffuse e credulità per bugie condivise da siti a noi cari. La battaglia Trump-Clinton ha vissuto di post verità, dall’attore Denzel Washington paladino di Trump, alla bambina di 12 anni che accusa il neo presidente di stupro. Falsità che milioni di cittadini amano tuttavia credere.

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