Olio di palma, dalla salute all’ambiente oltre i falsi miti

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“La demonizzazione dell’olio di palma è la più grande bufala degli anni 2000”. Ne è convinto Giuseppe Allocca, presidente dell’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile che oggi a Roma ha organizzato un incontro dal titolo “Olio di palma: parliamone” per fare chiarezza e sfatare tanti pregiudizi che circondano la sostenibilità della produzione dell’olio di palma. Qualche esempio: per sostituire il palma con la colza ci servirebbero 5 volte in più di terreni per avere la stessa quantità di olio che salirebbero a 6 volte di più per il girasole e addirittura a 9 volte più per la soia o a 11 in più per l’olio di oliva.

Insomma, secondo quanto riferisce l’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile, per ottenere lo stesso quantitativo di olio di palma con la soia, servirebbe una superficie pari a 5 volte l’Italia. Stesso discorso per i pesticidi. Il palma impiega circa 2 Kg a tonnellata di pesticidi, molto meno del girasole (ne usa 6kg/t), della colza (11kg/t) o della soia (29kg/t).

E anche nei fertilizzanti le prestazioni sono migliori: per ottenere una tonnellata di olio, il palma necessita di 47 kg di fertilizzanti, mentre la soia impiega 315 kg. Ma la sostenibilità passa anche dalla quantità di energia utilizzata per la produzione: al palma servono 0,5 GJ (Gigajoule) per una tonnellata, alla colza 0,7 GJ (0,2 GJ in più) e alla soia 2.9 GJ (2,4 GJ in più).

In relazione all’impatto ambientale, Carlo Alberto Pratesi, professore di Economia e gestione delle imprese al dipartimento di studi aziendali dell’Università Roma Tre, spiega che sono tre gli indicatori da prendere in considerazione: “quanto terreno viene utilizzato, quanta CO2 viene prodotta e l’impatto in termini di acqua”.

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