
Il 6 ottobre del 1947 il Presidente Harry Truman invitò gli americani a ridurre il consumo di proteine animali modificando le abitudini alimentari per diminuire la domanda interna di cereali per aiutare a sfamare con il loro grano gli europei che uscivano distrutti dalla Seconda guerra mondiale. Agli americani fu chiesto di consumare una minore quantità di cibo (niente carne il martedì, uova il giovedì, e una fetta di pane in meno tutti i giorni) per condividerlo con i fratelli europei. Truman voleva evitare che si riaccendesse il conflitto: «If the peace should be lost because we failed to share our food with hungry people, there would be no more tragic example in all history of a peace needlessly lost» («se la pace dovesse essere persa perché non abbiamo condiviso il cibo con persone affamate, non ci sarebbe un esempio più tragico in tutta la storia di una pace persa inutilmente»).
Oggi, 70 anni dopo, il nostro Governo ha passato un decreto che impone alle imprese che producono pasta di indicare su ogni pacco l’origine del grano, cioè la provenienza. È un provvedimento protezionista – molto complicato da implementare e in contrasto con i principi di libera concorrenza della Ue – che ha il chiaro obiettivo di limitare l’acquisto di grano dal Nord America, cioè da quegli stessi produttori che nel 1947 rifornivano le nostre tavole in modo provvidenziale.
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Non sussiste alcun protezionismo, bensì una legittima e chiara possibilità di scelta, ponendo il consumatore “libero” di comprendere se il produttore che sull’etIchetta dichiara prodotto italiano con ingredienti autoctoni o di produzione UE e/o Extra UE. La provenienza non dichiarata (per esempio il gran) potrebbe avere un piantagione Ucraina contaminata da radioattività o da diossina e così via. La scelta italiana al 100% non ci rassicura altrettanto al 100%, ma ci permette, almeno, di fare un’esclusione di possibile rischio. Dichiararsi liberali come fa lei ci rende meno “LIBERI”. Forse alla sua Università non gliel’hanno insegnato. Buon lavoro