L’olio di palma e la verità ai tempi di Internet

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Nell’anno della Brexit e dell’elezione di Donald Trump, il Dizionario Oxford ha dichiarato il termine “post verità” parola dell’anno. E non per ritorsione contro i cittadini britannici e americani che hanno compiuto scelte che le élite considerano censurabili. Ma perché questo è avvenuto dopo due campagne elettorali funestate da una lunga serie di menzogne a cui l’ecosistema del web e dei social network ha garantito un effetto moltiplicatore senza precedenti. In questo numero di pagina99ricostruiamo con una lunga inchiesta (alle pagine 4-7) l’evoluzione della campagna contro l’olio di palma, un fenomeno quasi esclusivamente italiano, spiegando perché l’Italia si stia avviando a essere l’unico Paese “palm free” al mondo.

Chiunque entri in un supermercato o accenda la tv noterà decine di messaggi pubblicitari di prodotti dichiarati “privi di olio di palma” con la stessa insistenza cui cui trent’anni fa – dopo l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl – le aziende di latticini si preoccupavano di segnalare che i loro prodotti erano stati confezionati con latte munto prima di quell’infausto 26 aprile 1986.

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